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Diritto di associazione per tutti, anche per i minorenni

Arciragazzi

Diritto di associazione per tutti, anche per i minorenni

Arciragazzi, in vista della prossima riforma nazionale del Terzo Settore, propone di estendere il diritto di fare associazione anche ai minorenni in coerenza con la nostra Costituzione e con la Convenzione ONU sui Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza e di far riconoscere formalmente le competenze sviluppate dai giovani in ambito associativo.

Hanno finora sottoscritto il documento:ASC (Arci Servizio Civile), CNCA (Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza), ANPE (Associazione Nazionale dei Pedagogisti Italiani) e UISP (Unione Italiana Sport per Tutti).

In relazione alle Linee Guida di Riforma del III Settore, si portano all’attenzione con i seguenti punti due proposte, con il supporto degli approfondimenti descritti negli allegati al presente documento

1) Diritto di associazione per i minorenni
Il diritto di associazione per i minorenni, dal punto di vista "teorico", non è una novità per il nostro Paese. Già nel 2001 il Governo Italiano, nel suo Rapporto all'ONU sui diritti dell'infanzia, affermava che "alla luce dell'art. 18 della Costituzione non esiste una limitazione di età per il diritto di associazione"; la stessa cosa è stata ripresa nel rapporto governativo del 2011. Anche alla luce degli artt. 12 (diritto di ascolto dei minorenni) e 15 (diritto esplicito di associazione) della Convenzione ONU sui diritti dell'Infanzia e dell'adolescenza, ratificata nel 1991 e quindi con status di trattato internazionale questo diritto è sancito (legge 176/91). In più, in questi ultimi due anni, diversi documenti internazionali recenti (il Commento Generale del Comitato ONU sui Diritti dell’Infanzia/Adolescenza n. 12 sul diritto di partecipazione, la Raccomandazione del Consiglio d'Europa del 2012 sulla partecipazione delle persone di minore età e la raccomandazione 2013 della Commissione UE "investire nell'infanzia") citano l'associarsi o, in generale, la partecipazione fra pari sia come "diritto" che come "strategia" di contrasto all'esclusione sociale e addirittura come misura propedeutica per l'uscita dal ciclo del disagio
Nella pratica però le cose sono assai diverse. Il Codice Civile, con i suoi articoli sulla capacità di agire e connessi, pone un limite sostanziale agli atti "conto terzi" che i minorenni possono perseguire (si trova tutto nell'allegato) e le "pratiche" e "procedure" che le due principali leggi di settore (OdV e APS, quindi la 266/91 e la 383/00) assegnano "ai soci" sono perseguibili in maniera piena solo se maggiorenni (sottoscrizione di statuti, verbali, contratti, obbligazioni, etc.).
In Italia infatti non esistono procedure per l'affermazione di quello che in linguaggio internazionale si chiama "child led organisation" ("organizzazioni guidate da ragazzi").
Lo scoglio del Codice Civile è rilevante, ma una revisione della normativa sull'associazionismo potrebbe rimediare a questo ritardo della nostra normativa
Si allega per una trattazione completa del tema l’estratto del Rapporto sull’attuazione dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza in Italia 2013/14, in anteprima rispetto alla presentazione del Rapporto completo (curato dal Gruppo CRC) prevista per il 17 giugno alla presenza del Ministro Poletti; in tale estratto il tema è approfondito nei suoi vari aspetti.

La proposta
Riteniamo sia importante cogliere l'occasione della riforma del terzo settore per precisare, a livello di revisione delle leggi di settore (associazionismo e volontariato), ovvero in un eventuale Testo Unico, che "è riconosciuto il diritto di associazione dei minorenni, in ottemperanza all'art. 18 della Costituzione Italiana e coerentemente con gli artt. 12 e 15 della Convenzione ONU sui Diritti del Fanciullo, ratificata con Legge 176 del 27 maggio 1991".


2) Certificazione delle competenze nelle linee guida della Riforma del III Settore:
Nelle linee guida presentate dal Governo, figura un capitolo sulla Riforma del Servizio Civile Nazionale. Oltre ai contributi specifici su questo tema, per cui si rimanda alle posizioni in tal senso già espresse da CNESC, uno dei punti interessanti di questo capitolo è quello in cui si parla delle "competenze acquisite" nell'ambito dei percorsi del Servizio Civile.
Nelle linee guida infatti si legge questa previsione:
"19) previsione di benefit per i volontari, quali: crediti formativi universitari; tirocini universitari e professionali; riconoscimento delle competenze acquisite durante l’espletamento del servizio;"
La previsione è interessante in sé, perché come ricordato in premessa su questo tema il nostro Paese sconta un ritardo notevole, anche rispetto al resto dell'Europa. In questo senso ogni passo in avanti è senz'altro utile.
Limitare però un intervento del genere al solo contesto del Servizio Civile rischia di ridurne la portata a "premio" nei confronti dei volontari che hanno svolto un servizio, perdendo un'occasione per utilizzare il riconoscimento e la certificazione delle competenze come strumento per stimolare e promuovere il confronto e l'integrazione tra i diversi soggetti che agiscono dentro un medesimo percorso educativo, ovvero all'intera "comunità educante", con al centro la persona "in crescita". In questo modo il riconoscimento e la certificazione delle competenze diventano strumento di un'azione educativa più efficace nei confronti di TUTTI gli individui inseriti in un percorso educativo, e non la modalità per "premiare" (cosa di per sé positiva ma di limitata utilità) i ragazzi "virtuosi" che dopo la scuola fanno "anche" attività meritorie.

La proposta
la proposta è quella di estendere le previsioni delle Linee Guida su questo punto a tutti i percorsi formativi, per i giovani e anche per i minorenni (ovvero per coloro che partecipino ad esperienze associative) che siano definiti, monitorabili e su cui ci sia stata una progettazione comune tra i diversi soggetti citati sopra.Oltre a questo bisognerebbe poi "premiare" (questa volta il termine è appropriato) e incentivare le Scuole, le Università, le Associazioni educative o le altre Agenzie formative che fanno rete e concorrono alla definizione di obiettivi e percorsi "riconoscibili e certificabili".
A nostro parere ha senso ragionare di questa proposta nell’ambito di una Riforma organica del Terzo Settore perché questo consentirebbe di riconoscere il ruolo specifico dell’associazionismo educativo nel nostro Paese. Inoltre questo consentirebbe di far fare un notevole passo in avanti alla discussione sui temi dell’apprendimento e del riconoscimento delle competenze, oggi incentrata quasi esclusivamente sul rapporto (pur fondamentale) tra competenze e occupabilità dei Giovani.

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